È una pietanza particolare, il tartufo. Non è un cibo comune: è raro e costoso, e non si può coltivare. Alcuni anni è introvabile, dipende dal clima dell’estate, dalle piogge, dall’umidità. E quando si trova, lo si tratta come un tesoro. Un tesoro piccolo, informe e bitorzoluto. Un agglomerato di cellule plasmato dal tempo che emana un profumo inebriante.
È particolare anche la maturazione: esplode come un colpo di cannone, disperdendo il suo aroma nell’aria. Quell’attimo fa impazzire i cani da cerca. E quell’esplosione, quella rivolta che avviene a pochi centimetri sotto terra, dura pochissimo. È possibile passare per due volte nello stesso quadrato di terra e non accorgersi che, sotto i piedi, dieci minuti prima, è avvenuta la magia. Non c’è una via di mezzo per il tartufo: o lo si ama o lo si odia, non c’è alternativa.
Per chi lo ama è il delirio dei sensi. E, assurdo, per chi lo odia, è l’esatto opposto. Per me è uno schiaffo in piena faccia. Quando lo stringo tra le mani, ho la sensazione di stringere nel palmo il cuore pulsante di Gaia madre Terra.

(Tratto da: Caldo sangue)

Opera: Autoritratto in costume orientale con barboncino – Rembrandt