Sindrome di Parigi, o sindrome di Notre-Dame. Qualcuno sa di cosa sto parlando?
Secondo chi l’ha enunciata, è una patologia che colpì un gruppo di turisti giapponesi in visita alla capitale francese. Sono stati documentati una serie di svenimenti e deliri scaturiti alla vista della bellezza della cattedrale e di altri siti artistici. E di norma, viene denominata come malessere inevitabile che colpisce tutti coloro che hanno visto la città per poi tornare nelle loro realtà. Un po’ come il mal d’Africa, per intenderci. Io non ho mai provato né l’una né l’altra. E dire che ho vissuto in entrambi i posti.
Parigi è bellissima, per carità, ma mi fa ridere anche solo l’idea che si venga colpiti da questa patologia per averne calpestato il suolo. Capisco che chi non ha i mezzi per viaggiare, immagina Parigi come un sacrario per ammirare coi propri occhi una delle più grandi meraviglie del mondo, ma mi rivolgo a chi ha due spiccioli da spendere per una vacanza: venite a Roma, a Firenze (e munitevi di ansiolitici, perché anche per Firenze c’è una patologia denominata appunto Sindrome di Firenze o più comunemente, Sindrome di Stendhal. Astenersi dal mettere piede in Italia se siete deboli di cuore! Rido!) Ranieri: basta fare lo stronzo.
Ve lo concedo: l’arte fa male agli occhi, a chi non è abituata ad averla sotto casa. Come gli americani. Scusate, ma in questo momento immagino file di turisti provenienti dal Kansas o dall’Ohio che una volta entrati agli Uffizi, girano gli occhi e cadono a terra in preda all’estasi! E va bene, torno serio.
Se si visita Parigi si devono fare le tappe obbligate: il lungosenna, Montmartre, il cimitero del Pere-Lachaise dove riposano salme eccellenti; da Chopin a Edit Piaf, da Oscar Wilde a Gioachino Rossini. E Jim Morrison, la cui lapide è tra le più gettonate dai musicisti moderni. Non mancate di fare una capatina all’Hotel des Invalides dove riposa Napoleone Bonaparte, lo sbruffone. Naturalmente Notre-Dame per ammirare il magnifico rosone, i bassorilievi e gli organi. E la Tour-Eiffel dove, tra l’altro, in cima si trova un buon ristorante. Tonnellate di ferro che sono diventati il simbolo della città. Non visitarla equivale a non ammirare la Statua della Libertà se ci si trova a New York: tappa più che obbligata, signore e signori.
Per un pomeriggio romantico, sedetevi infine a un tipico bistrot da cartolina per ammirare le coppiette che si scambiano promesse d’amore eterno, e sorridere nel vedere, sul volto dei turisti che passeggiano, la delusione di non incontrare il caratteristico mimo col basco rosso in testa, la t-shirt a maniche lunghe rigata bianca e nera, e la faccia dipinta a imitare il mitico Marcel Marceau. Già. Perché agli occhi di chi Parigi l’ha vista attraverso i film, i cittadini devono essere così: basco, foulard al collo, maglietta a righe. Certo. E le spagnole devono saper ballare il flamenco a tutti i costi agitando delle nacchere, gli italiani suonano il mandolino e mangiano solo pasta, e i londinesi indossano bombetta e ombrello, come nei quadri di Magritte. Dio: quanto detesto i luoghi comuni. Andiamo oltre che è meglio.
Sapete cosa non amo di Parigi? I parigini. Non è leggenda né folklore che noi italiani stiamo tremendamente sulle palle al popolo parigino, e la cosa è diventata (negli anni) reciproca.
Si atteggiano a primi della classe, credendo di avere i prodotti migliori del pianeta: i vini costosissimi, la maggior parte dei quali non regge il confronto coi nostri prodotti di qualità medio-bassa. Il vino, i francesi lo sanno vendere, lo sanno pubblicizzare, ma a parte rari casi, non lo sanno fare. E i formaggi? A quanto pare, nei film hollywoodiani sono i migliori del mondo. Tra tante cose discutibili, però, devo dire che in questa città ci sono moltissime distrazioni. Locali notturni come il Crazy Horse, le Lido, il Moulin Rouge. Bisogna andarci, e vi consiglio di farlo, una volta nella vita.
E per quanto riguarda l’arte, un’altra tappa obbligata è il museo d’Orsay dove sono stipati i capolavori dell’impressionismo. Ah sì: il Louvre. Più che altro per non venire additati dai vostri amici come deficienti: “non hai visto il Louvre?! E allora che ci sei andato a fare a Parigi?” Giusta osservazione.
Se vi avanza mezza giornata, non rinunciate a fare una capatina alla Sainte-Chapelle, la cappella palatina sconsacrata che, in origine, conservava le reliquie di Cristo: la corona di spine e un pezzo della Vera Croce. È un incanto. La volta a crociera è decorata con un cielo di gigli, simbolo del regno di Francia: da sotto sembra un cielo di stelle.
E se avete dei bambini, una bella giornata a Disneyland Paris è doverosa per accontentare anche la loro curiosità. E almeno lì, dato l’afflusso di turisti provenienti da ogni dove, siete sicuri di incontrare pochi, autoctoni parigini…
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