Sono stato trasformato in vampiro da una donna
alla quale ho lasciato la vita e i battiti del cuore.
Benvenuti in questa emblematica sezione dove troverete alcuni, determinanti stralci del romanzo. Parole e fatti di quella che è stata la mia vita, e di quella che ancora dovrà essere vissuta. Una vita piena di emozioni e di avventure, ma fatta anche di cose semplici: amori, rabbie, delusioni e, ringraziando il cielo, anche molte gioie. Un labirinto che metto a disposizione per chi avrà la pazienza e la voglia di fare una passeggiata tra le pareti inesplorate del mio essere interiore, accompagnato da immagini che mi rappresentano, opere d’arte che amo e che ho visto coi miei occhi di artisti spesso incompresi. Alcuni di essi sono rimasti per troppo tempo nell’ombra, altri invece hanno conosciuto, meritatamente, la gloria. Ma io non amo fare distinzioni perché la bellezza di un’opera risiede nel momento in cui prende vita. Il magnifico istante è la scintilla di genio che pochi eletti si possono permettere. Ed ecco che davanti a una tela o di fronte a una scultura, nella penombra di un museo, improvvisamente, nella solitudine dei propri pensieri inizia un viaggio fatto di parole e colori, di passioni e silenzi, fondendosi con quello che l’artista voleva dire e ciò che invece ha voluto tacere. Anche nel silenzio risiede la bellezza, e a volte, è assordante allo stesso modo. Ogni quadro è un mondo a parte, una finestra aperta sull’infinito alla quale ci si affaccia consapevoli che quello che vediamo, quello che sentiamo, è solo nostro. E così è anche un romanzo. Ogni periodo ha un significato, e in ogni momento della mia esistenza vi sono stati piccoli capolavori di esperienza che la maggior parte delle volte è stato difficile condividere. Per me che sono un solitario che si è sempre nascosto, la strada è stata lunga e complessa, e parecchie cose sono rimaste segrete, e lo resteranno nei secoli dei secoli. Ma nel cammino che mi ha reso ciò che sono ho imparato a essere un vampiro che ama la vita, nonostante il valore di questa parola abbia per me un diverso e oscuro significato.

#23: Digressione numero quattordici: i vampiri non possono piangere.
Digressione numero quattordici: i vampiri non possono piangere. Ma il dolore e lo sconforto lo proviamo anche noi. E non ci è possibile tirarlo fuori. Il male, le delusioni, l’afflizione, ci invadono il cuore di marmo e in qualche modo cerchiamo di farli passare.
C’è chi lo fa concedendosi lunghe pause dal mondo, dalla vita, allontanandosi, vagando in posti nuovi. C’è chi lo fa impazzendo, uccidendo ogni notte. Io mi reco in posti isolati, boschi, montagne. E urlo.
Lo faccio in punti dove so che le onde sonore della mia voce non
#22: Giovane centurione: il tuo cuore s’è incrinato.
Giovane centurione: il tuo cuore s’è incrinato. Lo sapevo che prima o poi te l’avrebbe spezzato, ma non la credevo capace di farlo così in fretta. Non te la devi prendere: Odessa è frivola, non è profonda quanto te. Persino il suo nome non significa niente, è solo il nome dell’omonima città russa. Ma tu non la vedi, quella parte di lei. Tu vedi solo i suoi boccoli rossi, gli occhi verdi. Non c’è solo quello, fratello mio. C’è anche uno spirito nomade, tipico della sua gente.
(Tratto da: Caldo sangue)
Opera:
#21: Mi guarda come se fossi un angelo.
È nell’oblio della droga, nel viaggio sintetico che la dose impura e mal tagliata gli procura. Sorride stanco, ha la testa afflosciata da un lato, soffre. Non ha la forza di alzarsi, non ha la forza di andarsene.
Lo raggiungo e lo abbraccio da dietro per dargli conforto, si rilassa e sollevando il capo, mi guarda come se fossi un angelo. Quest’ultimo buco sanguina… sanguina… dura sette secondi. E in questi sette secondi, sul volto sporco e malato gli leggo la pace. Mi nutro di lui e con un filo di
#20: Ave, Caesar, morituri te salutant.
Dirigendomi al Testaccio aspetto che si facciano le 16, orario in cui aprono i negozi. Qui, in cima alla montagnola di cocci, vi trovo quasi sempre Ottavio.
― Ave, Caesar: morituri te salutant― gli dico battendomi il pugno chiuso sul torace. La mia uscita paradossale lo fa esplodere in una grassa risata. E con lo stesso, ironico sguardo, mi ricambia il gesto. Non chiacchieriamo molto, ci conosciamo da parecchi anni e una sola volta, parlando del più e del meno, mi ha raccontato la sua vita.
Ottavio è uno tra le decine
#19: la gerarchia in cucina.
La gerarchia, in una cucina, va fatta osservare. Ci vuole disciplina per creare una buona brigata, ma il rispetto di una persona come Aldo si deve guadagnare. E se ci si riesce, si lavora con serenità, facilità e contentezza.
― Grazie. ― Sollevando solo il braccio mi risponde agitando una mano. Peculiarità degli italiani, parlare con le mani. Noi italiani gesticoliamo come se ne avessimo quattro, di braccia. Se in una discussione si legasse un italiano a una sedia, impedendogli di muovere le mani, credo che rischi di restarci secco dalla
#18: la frutta rossa.
La frutta rossa, su di me ha sempre un fascino particolare.
Violante si avvicina e le guarda con occhi languidi, anche lei ama le fragole. Lei ne ama il gusto, la consistenza. Io amerei prenderne un pugno e schiacciarlo, facendone cadere pioggia succosa sulla sua faccia. Vorrei bagnarle le guance e ammirare la polpa scivolarle giù dalla bocca al mento, dalla gola all’incavo dei seni. Vorrei poggiargliene una sulle labbra e toglierla svelto per indispettirla. E poi permetterle di succhiarla e guardarla mentre la bacio e affondo tra le sue gambe.